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Contro tutti gli imprenditori (persone fisiche o società) purché abbiano alternativamente:
a) attivo patrimoniale pari o superiore a € 300.000,00, nei tre anni precedenti l’istanza di liquidazione giudiziale o di concordato
b) ricavi lordi annui pari o superiori a € 200.000,00 in ciascuno dei tre anni precedenti l’istanza di liquidazione giudiziale o di concordato
c) debiti (alla data dell’istanza di liquidazione giudiziale o di concordato) complessivamente pari o superiori a € 500.000,00 (indipendentemente dalla data in cui sono sorti)
a) la liquidazione giudiziale richiede che l’imprenditore sia in stato di insolvenza e può essere chiesta:
- dal debitore (o dagli organi o autorità amministrative che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa)
- da un creditore
- dal pubblico ministero
b) il concordato preventivo richiede che l’imprenditore sia in stato di crisi (cioè, abbia difficoltà finanziarie non tanto gravi da aver provocato l’insolvenza) o di insolvenza e può essere chiesto esclusivamente dal debitore.
Tutti i beni sono compresi nella procedura, esclusi i seguenti:
1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale;
2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività entro i limiti, stabiliti dal giudice, di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;
3) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall'articolo 170 del codice civile;
4) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
Sono acquisiti all’attivo della procedura anche tutti i beni che pervengono al debitore dopo l’apertura della procedura, ma al netto delle passività sostenute per l’acquisto e la conservazione dei beni stessi.
L’amministratore della procedura (curatore) ha il potere-dovere di gestire i beni, venderli, e distribuire il ricavato ai creditori.
Il debitore può essere sentito dal curatore per ricevere informazioni e può impugnare gli atti del curatore e del giudice delegato, ma soltanto se essi sono stati adottati in violazione di legge (non, quindi, per mere ragioni di opportunità).
Il debito e il controcredito della stessa persona nei confronti della procedura possono essere compensati se sorti prima dell’apertura della procedura medesima.
Come regola generale, il contratto è sospeso per effetto dell’apertura della liquidazione giudiziale. Il curatore può decidere se subentrare nel contratto o sciogliersi da esso.
Regole speciali sono previste per alcuni tipi contrattuali, i quali, a seconda dei casi, sono sciolti automaticamente per effetto dell’apertura della liquidazione giudiziale, oppure proseguono senza sospensione.
Nell’ambito del concordato preventivo, la regola generale è la prosecuzione del contratto, salvo che il debitore ne chieda al giudice la sospensione o lo scioglimento.
Salvo eccezioni, nessuna azione esecutiva o cautelare individuale può essere avviata o proseguita dal creditore dopo l’apertura della procedura nei confronti di beni compresi in quest’ultima, salvo che il curatore decida di subentrare.
Il creditore può promuovere una causa, dopo l’apertura della procedura concorsuale, soltanto se il curatore rimane inerte, cioè se quest’ultimo ritiene (consapevolmente o anche solo per negligenza) di non promuoverla
L’apertura della liquidazione giudiziale determina l’interruzione del processo in corso salvo successiva riassunzione.
Le cause promosse da un creditore nei confronti di un soggetto che, successivamente, viene sottoposto a liquidazione giudiziale possono essere proseguite esclusivamente dal curatore relativamente a rapporti compresi nella procedura.
L’intervento del debitore è ammesso in casi eccezionali.
Tre o cinque creditori possono comporre il comitato dei creditori nella procedura di liquidazione giudiziale. Il comitato è dotato di rilevanti poteri. In particolare, esso:
- autorizza le transazioni, le riduzioni dei crediti, i compromessi, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l’accettazione di eredità e donazioni e tutti gli altri atti di straordinaria amministrazione;
- vigila sull’operato del curatore e può chiederne la revoca al tribunale;
- approva il programma di liquidazione;
- autorizza il curatore a subentrare in un contratto in corso alla data della apertura della liquidazione giudiziale o a sciogliersi da esso;
- presenziare alle operazioni di inventario dei beni del fallito;
- accedere a tutti gli atti del fascicolo della procedura;
- autorizzare il curatore a non acquisire all’attivo o a rinunziare a liquidare uno o più beni, se l’attività di liquidazione appare manifestamente non conveniente;
- chiedere al giudice delegato la sospensione delle vendite dei beni.
Oltre ai predetti poteri di amministrazione attiva, il comitato dei creditori esprime pareri sui provvedimenti di competenza del giudice delegato o del tribunale e cioè:
- autorizzazione del creditore pignoratizio a vendere il bene oggetto di pegno;
- autorizzazione del giudice delegato alla continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa (è necessario, per disporre la continuazione, che il comitato dei creditori dia parere favorevole);
- autorizzazione del giudice delegato all’affitto dell’azienda (è necessario, per disporre l’affitto, che il comitato dei creditori dia parere favorevole).
Il comitato dei creditori nel concordato preventivo con finalità liquidatorie è nominato con sentenza di omologazione ed esercita gli stessi poteri, in quanto compatibili.
Il curatore può (previa autorizzazione):
- proseguire l’esercizio dell’impresa o di rami specifici;
- affittare l’azienda o rami specifici;
- vendere tutti i beni al fine di ripartire il ricavato ai creditori;
- rinunciare a vendere o acquisire beni di scarso valore.
Ogni creditore, a prescindere dal rango e dall’ammontare del credito, può chiedere al tribunale di aprire la procedura di liquidazione giudiziale nei confronti del debitore. Non è necessario che il creditore sia munito di titolo esecutivo, l’importante è che il credito sia documentato.
Tutti i creditori (quindi, anche coloro che hanno chiesto e ottenuto l’apertura della procedura) devono, dopo l’apertura della procedura, chiedere l’ammissione dei loro crediti al passivo.
Il creditore può domandare personalmente l’ammissione del suo credito al passivo.
La domanda deve contenere i documenti giustificativi del credito e deve essere presentata necessariamente con modalità telematiche (a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo del curatore).
La somma ricavata dalle vendite dei beni è distribuita tra tutti i creditori, rispettando l’ordine di distribuzione.
In generale, le somme sono erogate nel seguente ordine: 1) crediti prededucibili; 2) crediti privilegiati (la legge prevede una prelazione - ipoteca, pegno, privilegio generale o speciale - su alcuni o su tutti i beni); 3) crediti chirografari; 4) crediti postergati.
Se (come avviene quasi sempre) la somma ricavata non è sufficiente a soddisfare tutti i crediti, essa è ripartita non in proporzione all’ammontare dei crediti, ma rispettando il predetto ordine. All’interno di ciascuna categoria di crediti, si segue invece il principio della par condicio. Pertanto, la distribuzione ha luogo in proporzione all’ammontare del credito.
La liquidazione giudiziale si chiude quando:
- non sono state presentate domande di ammissione al passivo;
- sono stati soddisfatti tutti i crediti;
- è stata ripartita tutta la somma ricavata dalla vendita dell’attivo;
- quando si accerta che non vi sono beni da vendere o altre somme da ricavare.
Particolari disposizioni si applicano alla chiusura quando i beni sono sottoposti a sequestro o confisca in base alla normativa antimafia.
Con la chiusura della liquidazione giudiziale, il debitore riacquista la capacità ad agire, può stare in giudizio, può acquisire beni senza che essi siano appresi dal curatore.
Il concordato preventivo e il concordato nella liquidazione giudiziale si chiudono con la omologazione dell’accordo tra debitore e creditori ma, qualora il concordato preveda la cessione dei beni e, in generale, la liquidazione (concordato liquidatorio), la procedura prosegue per la vendita e si chiude quando sono stati venduti tutti i beni e la somma ricavata è stata distribuita ai creditori.
Con la chiusura del concordato preventivo e del concordato nella liquidazione giudiziale, il debitore è liberato dai suoi debiti.
Con la chiusura della liquidazione giudiziale, i creditori possono agire contro il debitore per recuperare il credito residuo (cioè la parte di credito che non è stata soddisfatta dal curatore), a meno che non sia intervenuta l’esdebitazione; in tal caso, i creditori non possono pretendere alcunché dal debitore.
Con la chiusura del concordato, i creditori non possono pretendere alcunché dal debitore. Se però il debitore non adempie le sue obbligazioni, i creditori possono chiedere la risoluzione del concordato entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato. La risoluzione è esclusa se l’inadempimento ha scarsa importanza.
I costi e le spese della procedura concorsuale sono sostenuti dalla procedura concorsuale, che li paga con le somme ricavate dalla vendita dell’attivo.
Se la procedura non ha attivo, il compenso del curatore e le spese da lui sostenute sono pagate dallo Stato.
Gli atti a titolo gratuito e i pagamenti compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda di liquidazione giudiziale o nei due anni anteriori sono inefficaci rispetto ai creditori.
Gli altri atti compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda di liquidazione giudiziale o, a seconda dei casi, nell’anno o nei sei mesi anteriori, sono revocabili.
Gli atti compiuti dal debitore dopo l’apertura della procedura sono inefficaci.
Gli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel corso della procedura di concordato preventivo e senza l’autorizzazione del tribunale sono inefficaci.
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